Attacchi di Panico: la terapia in tempi brevi
Che cos’è l’Attacco di Panico
“...Dottore, in quei momenti sono terrorizzata, annichilita! ...
non riesco più a controllarmi, mi sembra di impazzire! ... Il
cuore comincia a battere a mille, la testa sbanda, lo stomaco
si chiude, il respiro diventa sempre più affannoso fino a sentire
il soffocamento! ... sono sensazioni terribili!”
Questa è la testimonianza piuttosto eloquente di una giovane
donna che soffre di quello che viene definito Disturbo da Attacchi
di Panico, o più semplicemente DAP.
Ma che cos’è il panico? Potremmo definirlo come la forma più estrema
della paura: una reazione che viene innescata da una percezione,
che a sua volta mette in moto reazioni psicofisiche e che, in
rapida escalation, porta alla sensazione di totale perdita di
controllo.
Nel vissuto della persona, la paura raggiunge il suo massimo
e coinvolge la mente e il corpo in una serie di sensazioni e stati
d’animo talmente forti da paralizzare e annullare qualsiasi pensiero
razionale, al punto che, come direbbe E. Cioran:
“i sotterfugi della speranza sono altrettanto inefficaci quanto
gli argomenti della ragione”.
Le ricerche psico-fisiologiche più recenti dimostrano come l’attacco
di panico coinvolga sia i centri che gestiscono le emozioni -i
più arcaici- che quelli deputati al ragionamento logico -ovvero
la mente più evoluta- in un complesso sistema di retroazioni che
porta la mente a intrappolare se stessa in un circolo vizioso.
Come funziona
I vari studi condotti negli ultimi vent’anni da Giorgio Nardone
presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo (CTS) su chi
soffre di questo disturbo fanno emergere che ciò che determina
la strutturazione della sintomatologia fobica e del panico sono
le tentate soluzioni che la persona mette in atto nel tentativo
di sfuggire alla paura, e le conseguenti reazioni emotive e somatiche.
La prima tentata soluzione disfunzionale usualmente attuata è
il tentativo di controllo delle proprie sensazioni e reazioni
che fa perdere il controllo.
Sostanzialmente il fobico, nell’intento di sedare le allarmanti
reazioni psicofisiche, ascolta continuamente le alterazioni del
proprio corpo (battito cardiaco accelerato, senso di perdita dell’equilibrio,
sudorazione profusa, ecc.) e, senza rendersene conto, le incrementa
proprio perché cerca di controllarle.
Questo lo fa spaventare ulteriormente e lo spinge a cercare di
aumentare sempre più il controllo fino a generare quel circolo
vizioso che porta all’attacco di panico. In definitiva, si può
affermare che la paura patologica è l’effetto della trappola paradossale
dell’eccesso di controllo che fa perdere il controllo.
Una volta innescato questo meccanismo disfunzionale, generalmente
la persona tende a mettere in atto due copioni comportamentali:
l’evitamento delle situazioni temute e la ricerca di aiuto da
parte di altre persone; due modalità di affrontare la paura che
in realtà la alimentano invece che ridurla.
Infatti, evitare le situazioni temute, se lì per lì fa sentire
salvi, poi ne conferma la pericolosità, così come la propria incapacità
di affrontarle.
Evitamento dopo evitamento, la persona si troverà ingabbiata negli
angusti confini che essa stessa ha delimitato nell’intento di
proteggersi, riducendo il proprio campo d’azione, nei casi più
gravi anche drasticamente.
A completare il quadro, la richiesta d’aiuto e di rassicurazione
rivolta alle persone care porta a dipendere pesantemente dagli
altri, tanto che talvolta non si riesce neppure a fare un passo
fuori di casa senza essere aggrappati a quella sorta di stampella
che sostiene ma invalida. La fiducia nei propri mezzi, dunque,
declina rapidamente, così come la consapevolezza delle proprie
risorse personali che divengono sempre più evanescenti.
Riassumendo per ridefinire, la paura patologica, comunemente detta
panico, è l’effetto del complesso processo di relazioni che l’individuo
ha con se stesso (il controllo che fa perdere il controllo), con
gli altri (la richiesta di aiuto e di rassicurazione che fa sentire
incapaci di fare da soli) e con il mondo (l’evitamento delle situazioni
temute che invalida).
Di più, la paura è democratica, nel senso che non esistono dimostrazioni
scientificamente attendibili relative al perché, ad un certo momento
della propria vita, essa possa superare gli argini per trasformarsi,
da alleata, in un acerrimo nemico che più cerchiamo di combattere
più diviene forte.
Da più parti, si fa riferimento sempre più spesso alle fobie,
agli attacchi di panico che, troppo frequentemente, vengono associati
ad un’eccessiva presenza di anidride carbonica nell’aria o all’incapacità
di alcuni organismi di sintetizzarla, che sarebbero quindi più
suscettibili di altri. O ancora ci si riferisce a geni impazziti
che non ci danno scampo rispetto alla possibilità di fare qualcosa
nei confronti dei timori ingenerati dalla paura e, di conseguenza,
ci condannano a vivere nella paura... ed è così che non viviamo,
come ci ricorda Buddha.
Ma, allora, è possibile affrontare questo mostro dai mille volti
? E se sì, come?
La Terapia Breve Strategica modello Giorgio Nardone
La maggior parte delle teorie cliniche e i relativi orientamenti
alla psicoterapia cercano di individuare le cause psicologiche
remote che scatenerebbero il panico, seguendo la consolidata abitudine
dell’essere umano a ragionare secondo una logica lineare di causa-effetto,
in quanto certamente più rassicurante.
Ma proviamo ad immaginare solo per un attimo di partire per un
lungo viaggio e, a un certo punto, dopo lunghe ore di cammino,
all’improvviso cadiamo e ci ritroviamo in uno stretto pertugio.
Siamo soli. Si sta facendo notte. È freddo. Abbiamo paura.
In una situazione di questo genere, la prima cosa che ci chiediamo
è perché siamo caduti, oppure come fare ad uscire da quel buco
angusto per poter riprendere il nostro cammino?
Sebbene possa sembrare contro-intuitivo, è possibile curare gli
Attacchi di Panico in breve tempo con risultati stabili.
Nel corso degli ultimi vent’anni, Giorgio Nardone e i suoi collaboratori
hanno messo a punto degli specifici protocolli di intervento per
varie tipologie di disturbo, che hanno mostrato livelli di efficacia
(risultati ottenuti) e di efficienza (tempo impiegato) sorprendenti.
Oltre il 90% dei casi di Attacchi di Panico trattati con la Terapia
Breve Strategica, infatti, vengono condotti a piena guarigione
in una media di sette sedute, con uno sblocco della sintomatologia,
nei tempi attuali, attorno al secondo o terzo incontro.
Grazie a manovre suggestive, ristrutturazioni e prescrizioni di
pensiero e di azione, i terapeuti strategici sono in grado di
portare la persona a interrompere le tentate soluzioni disfunzionali,
rompendo così il circolo vizioso di percezioni e reazioni patogene,
definito tecnicamente sistema percettivo-reattivo.
Solo dopo la scomparsa della sintomatologia, la persona viene
guidata ad acquisire una piena consapevolezza delle proprie risorse
personali, in un processo che passa attraverso nuove percezioni,
che modificano le sensazioni, che a loro volta generano nuovi
comportamenti, i quali conducono a differenti cognizioni.
Tutto questo, non con l’inefficace presunzione di eliminare la
paura, che rappresenta una nostra dotazione naturale, ma con l’obiettivo
di utilizzarla, per trasformarla in coraggio, in un punto di forza
che ci spinga in avanti nella talvolta bizzarra avventura della
vita.
Come ha scritto Angelo D’Arrigo, un noto atleta di sport estremo:
“Spingendo quotidianamente un po’ più in là i nostri limiti riusciamo,
poco alla volta, a superare le paure che vietano o limitano il
pieno possesso della nostra esistenza”.
Tratto da: www.psicositta.it
Autori: Dott. Fabio Molari, Dott.ssa Elisa Balbi